In occasione dei cinquecento anni dalla scomparsa del pittore e architetto, Raffaello Sanzio, morto a Roma il 6 aprile 1520 a soli 37 anni, in tutta Italia erano previsti numerosi mostre ed eventi – si pensi su tutti alla grandiosa mostra ora congelata alle Scuderie del Quirinale – per celebrare la sua opera che ha attraversato i secoli con la sua raffinata armonia e bellezza ideale. Il biografo Giorgio Vasari, nella sua Vita di Raffaello d’Urbino pittore et architetto, ne decanta l’uomo e l‘arte somma che la stessa pittura rimpianse alla sua morte: «O felice e beata anima, da che ogn’uomo volentieri ragiona di te e celebra i gesti tuoi et ammira ogni tuo disegno lasciato. Ben poteva la pittura, quando questo nobile artefice morì, morire anche ella che quando egli gli occhi chiuse, ella quasi cieca rimase».
Anche il Comune di Varese aveva l’intendimento di omaggiare Raffaello in questo anno sanzio attraverso un dipinto di Renato Guttuso, suo cittadino onorario, che aveva manifestato la sua ammirazione per la pittura di Raffaello, reinterpretando nel 1982 il celebre dipinto La Velata realizzato dall’Urbinate nel 1512-15.
Era questo un modo per continuare l’operazione di ricerca e valorizzazione della produzione pittorica di Guttuso, di cui il Comune di Varese ha in comodato importanti opere. Dopo il successo della mostra Guttuso a Varese questa era l’occasione per attrarre il pubblico proponendo una diverso modo di leggere e conoscere il maestro siciliano, facendolo colloquiare con un grande artista quale Raffaello attraverso la celebrazione del ritratto della sua donna amata, Margherita Luti, musa e modella, raffigurata anche nella nota Fornarina di Palazzo Barberini a Roma.
Gli studi critici hanno evidenziato quanto Renato Guttuso nella sua produzione si sia confrontato con i grandi maestri del passato e del suo tempo. Le sue riflessioni storico artistiche e di approccio critico lo hanno portato alla realizzazione di dipinti e disegni per onorare i grandi artisti, reinterpretando, più o meno fedelmente, alcune loro opere celebri. Tra i pittori omaggiati possiamo citare, a partire dal Rinascimento fino alla contemporaneità, Antonello da Messina, Albert Durer, Michelangelo, Botticelli, Caravaggio, Rembrandt, Velazquez, Cezanne, Van Gogh, Klimt, De Chirico, Morandi, Picasso.
Il dipinto de La Velata (100 x 100 cm, collezione privata) venne realizzato da Guttuso alla fine del 1982 in previsione delle celebrazioni del cinquecentesimo anniversario della nascita di Raffaello Sanzio nato a Urbino nel 1483.
L‘amata di Raffaello, a cui aveva dedicato anche degli scritti, viene reinterpretata dal pittore siciliano nel rispetto dell’opera originale: la figura femminile è ripersa nella medesima posizione con le braccia incrociate mentre guarda lo spettatore con uno sguardo assorto. La veste di seta viene riprodotta nel dipinto di Guttuso quasi fedelmente nella forma ma non nei colori, molto più freddi, mentre il velo è molto più articolato rispetto a quello di Raffaello che cade più fluentemente lungo le spalle.
Lo sfondo neutro di Raffaello diventa in Guttuso un cielo con cirri bianco – rosati che eternizzano la figura de La Velata assimilandola quasi ad una Madonna rinascimentale, che ricorda, omaggio nell’omaggio, le tante dolci Madonne raffigurate da Raffaello.
La Velata, conservata oggi alla Galleria Palatina di palazzo Pitti a Firenze, è citata anche dal Vasari: «Fece poi Marco Antonio per Raffaello un numero di stampe, le quali Raffaello donò poi al Baviera suo garzone ch’aveva cura d’una sua donna, la quale Raffaello amò sino alla morte e di quella fece un ritratto bellissimo che pareva viva viva, il quale è oggi in Fiorenza appresso il gentilissimo Matteo Botti, mercante fiorentino, amico e familiare d’ogni persona virtuosa e massimamente dei pittori, tenuta da lui come reliquia per l’amore che egli porta all’arte e particularmente a Raffaello».
Una serie di confronti tra la Velata di Guttuso e le immagini della donna amata da Raffaello, grazie anche a volumi e incisioni, avrebbe raccontato la storia dell’amore tra il pittore e la donna, mito sviluppatosi nel tempo, ma che trova nell’Ottocento la sua fortuna romantica in dipinti dedicati ai due raffigurati insieme, come nel celeberrimo dipinto di Jean Auguste Dominique Ingres, o, per citare, in quello di Giuseppe Sogni, di Felice Schiavoni, di Francesco Valaperta, conservato presso il nostro Castello di Masnago.
Fu quello di Raffaello per Margherita un amore che ha attraversato i secoli avendola eternizzata, in una sorta di Amor Sacro e Amor profano, in un ritratto nuda, iconograficamente ispirata a Venere, e in un altro vestita in tutta la sua pienezza con pregiate vesti, ma con la presenza in entrambi di una brocchetta, sorta di spilla posta fra i capelli con una perla pendente, che tradizionalmente viene interpretata come un riferimento al nome di Margherita, dato che in latino in tal modo si indica la perla.
La passione dell’amore venne espresso non solo con la pittura ma anche con i versi dal Divin Pittore, che li compose accanto a dei disegni ora conservati a Oxford:
Amor tu mi invischiasti con due bei lumi
Di due belli occhi, dov’io mi struggo, e con faccia
Da bianca neve e da rosa vivace,
da un bel parlare in donneschi costumi.
Tal che tanto ardo che né mar né fiumi
Spenger mi potrebbero quel fuoco, ma non mi spiace
Poichè il mio ardor tanto bene mi fa
Che, ardendo, vorrei che sempre più d’arder mi consumi.